A Caserta luci e ombre per un Latina che ricade nei vecchi errori
Il Latina mi ha sorpreso. Non era facile uscire indenni dal confronto con una Casertana determinata a tornare al successo dopo due sconfitte consecutive. Ho visto un buon Latina, in particolare in avvio di partita così come nella parte finale. Nel mezzo i nerazzurri si sono invece persi, hanno fatto temere un ritorno al recente passato: squadra schiacciata sulla trequarti, passiva, in difficoltà nel contrastare la pressione avversaria.
Fontana nel dopo partita ha sottolineato quella che da tempo considero una sacrosanta verità: il Latina è stato costruito per esprimere un gioco offensivo e pertanto difendere aspettando l’avversario equivale a un suicidio tattico che porta alla sconfitta pressoché sicura: «Dobbiamo cercare di mettere in azione quei giocatori che sono capaci di lavorare tra le linee».
È quello che il Latina ha fatto molto bene nei primi 20 minuti, quando Riccardi (discontinuo rispetto alla bella prova con il Monterosi) e Del Sole hanno aggredito la trequarti, avendo supporto da Paganini, meno da Ercolano.
I buoni propositi dei nostri sono però durati il tempo necessario alla Casertana per portarsi in vantaggio su una rasoiata dalla distanza di Anastasio su cui non è apparso privo di colpe Fasolino che ha doppiamente sottovalutato le potenzialità dell’avversario: una prima volta non schierando la barriera sul calcio piazzato preludio del gol, e una seconda partendo in ritardo sulla conclusione poi risultata vincente.
Sotto di un gol, il Latina, come detto, è ricaduto in vecchi errori. La squadra ha abbassato il baricentro, sono riemerse tutte le paure più recenti tant’è che il numero delle palle perse ha avuto una brusca impennata.
Nella ripresa non c’è stata la reazione attesa, Del Sole e Riccardi si sono mossi sulla stessa linea di Fella, accentrandosi e lasciando gli spazi per le incursioni di Ercolano e Paganini che non ci sono state. Una disposizione che ha allungato le distanze tra i reparti con i nerazzurri costretti sempre più spesso all’interdizione bassa.
A cambiare l’andamento del confronto è però intervenuto l’inserimento di Cittadino il che ha permesso di riconquistare palla in posizione più avanzata e, soprattutto, ha garantito una più rapida riproposizione della manovra. I trequartisti e Fella sono tornati a sincronizzare i movimenti come ha ben fotografato l’azione del pareggio: Fella si abbassa (è lui che lancia la corsa di Paganini), Riccardi e Del Sole salgono e si accentrano, Paganini ed Ercolano occupano l’ampiezza.
Una versione del Latina che abbiamo già visto con Di Donato, di nuovo Fontana ha portato una propensione al pressing alto che la squadra dovrà imparare ad applicare con continuità. Di diverso c’è stata pure la costante impostazione dal basso della manovra.
Confesso che la costruzione del gioco affidata al centrale difensivo non mi convince per nulla. In modo assoluto, non solo quando ad applicarla è il Latina. La costruzione dal basso (Guardiola docet) è nata dalla necessità degli allenatori di rimediare alla sempre più evidente carenza di registi e trequartisti, alla mancanza nei giocatori moderni di un fondamentale come il “dribbling”. Un accorgimento tattico che necessita di materiale umano dotato di una tecnica in grado di ridurre al minimo problemi di palleggio e controllo. Senza contare che solitamente il difensore è abituato a “guardare” l’attaccante, mentre nella costruzione dal basso è portato a dare le spalle all’avversario.
Nello specifico di sabato sera, con la Casertana in vantaggio, la costruzione dal basso era gioco forza apparisse un mero esercizio tattico perché gli avversari non avevano interesse a pressare sul portatore di palla, il loro obiettivo era esattamente l’opposto (dare campo per poi ripartire). Tant’è che in una sola occasione il Latina è riuscito a creare un buco nel centrocampo campano senza però a sua volta riuscire ad innescare i trequartisti, rimasti nell’occasione troppo alti.
Vedremo venerdì, contro il Giugliano.