Il Latina che sorprende non è più una sorpresa

Dal 1992 è collaboratore de “Il Messaggero”, dal 2009 collabora con la “Gazzetta dello Sport”. Inizia scrivendo di baseball, poi cede ai tentacoli del calcio.
23.02.2025 19:30 di  Vincenzo Abbruzzino   vedi letture
Il Latina che sorprende non è più una sorpresa

Che il Latina di tanto in tanto riesca a sorprenderci non è più una sorpresa. Il bisticcio di parole non è casuale, è proprio voluto allo scopo di amplificare lo stupore per la buona, anzi ottima prestazione dei nerazzurri contro il Benevento.  Mettiamo in fila un po’ di cose: una settimana fa il Latina prende 5 gol dal Giugliano, ciò non di meno Boscaglia conferma disposizione in campo (3-5-2) e uomini con le uniche varianti di Vona e Scravaglieri titolari per l’infortunato Crescenzi e per Di Livio, e oltretutto trascorrono 2’ e il Latina va sotto contro un avversario che ha guidato la classifica per buona parte del girone di andata. Con simili premesse, l’ennesima imbarcata è sembrata dietro l’angolo e invece no, la squadra s’è mossa da squadra, ha sofferto, ha concesso pure qualche occasione, ma tatticamente e agonisticamente ha avuto ragione del Benevento e nel finale ha pure provato a vincerla questa partita. Cosa è cambiato in sette giorni? Non sono cambiati gli uomini, non è mutata la tattica, è cambiata la prestazione dei singoli, è cambiata l’attenzione, è mutato l’atteggiamento.

È cosa nota che nel 3-5-2 un ruolo determinante lo giocano gli esterni, i quinti che sono tali sia in mediana che, in ripiegamento, in difesa. Con gli esterni che funzionano, diventa decisiva la schermatura del centrale e, in parte, delle mezzali. Ecco, questo è quello che sabato ha funzionato. Rapisarda ha ben tutelato Marenco sull’out di destra mentre Scravaglieri ha badato con personalità al suo presidio sulla linea di mediana. Sul versante opposto il lavoro è stato più duro, il rapido fraseggio stretto tra Talia e Lamesta, con il saltuario contributo di Oukadda ha intrappolato Motolese così come Improta. Motolese ha sopperito con una prestazione fisica, di grande dispendio d’energia consumata in continui recuperi mentre Improta lo ha emulato con minore efficacia. Nel contempo alla lunga Petermann ha oscurato Prisco, sporcando tutte le traiettorie di passaggio centrali avversarie per poi riproporre la manovra, non sempre con successo. E in questa azione di sporcatura, di contenimento ha avuto il suo ruolo anche Riccardi che si è mosso spesso secondo una diagonale che andava a intercettare l’uscita alta a sinistra del Benevento per completarsi davanti al proprio reparto arretrato, più sul centro destra che non sul centro sinistra.

Lo schema tattico adottato da Boscaglia in linea teorica avrebbe dovuto prevedere che gli esterni oltre ad agire da quinti, funzionassero pure in fase offensiva, dando ampiezza alla manovra. Un lavoro che con la Cavese e il Giugliano era stato ben interpretato da Improta che non si è però ripetuto contro i suoi ex compagni, alla stregua di Rapisarda, discontinuo nel sostegno alla coppia di attacco. La cosa è invece ben riuscita ai subentranti Ndoj e Di Livio che insieme a Bocic hanno saputo approfittare delle difficoltà del Benevento di trovare nel finale le misure e quindi le chiusure difensive.

L’ultima considerazione me la suggerisce l’affermazione del dopo partita di Boscaglia in merito a Mastroianni: «Non deve mica fare il centrale difensivo se non sui calci piazzati». E infatti è lui in marcatura su Lanini in occasione del vantaggio ospite, ma non è questo che volevo sottolineare. Nel momento in cui Prisco calcia la punizione in favore di Lanini, sono ben 4 i nerazzurri (Motolese, Vona, Marenco e, mi pare, Rapisarda) che fanno lo stesso identico movimento a marcare il nulla, perché non ci sono giocatori da controllare. Di contro Ekuban, un attaccante, è su Perlingeri (e lo sarà pure in occasione di un’altra punizione) e Mastroianni è stretto tra due avversari. C’è evidentemente qualcosa da rivedere sui calci piazzati.