Un Latina che s'ha da fare, ma Di Donato è a buon punto
Il Latina “s’ha ancora da fare”. Il lavoro di Di Donato è sì a buon punto, la compagine nerazzurra ha già una sua identità tattica fatta soprattutto di intensità e aggressione degli spazi, ma tra i lavori in corso c’è, e non potrebbe essere altrimenti in avvio di stagione, l’intesa tra i giocatori e quanto necessario ad esaltare le caratteristiche tecniche di ciascuno non più come singolo ma come parte di una squadra. Il tutto tenendo conto che le capacità di un elemento mutano a seconda delle circostanze, perfino nel corso della stessa partita.
Lo so, ho espresso il concetto in modo contorto e poco comprensibile e allora cerco di spiegarmi con un esempio. Jallow è giocatore che detta la profondità, è rapido seppure scomposto mentre Fabrizi è uomo d’area, cinico, scaltro, veloce nel breve: con due uomini di siffatte caratteristiche, chi deve venire incontro al portatore di palla (quando questo è richiesto) è Fabrizi e non Jallow, che invece va cercato con le verticalizzazioni. Contro la Casertana questo, soprattutto in avvio, non è accaduto e la manovra ne ha inevitabilmente risentito.
Lo abbiamo visto tutti, il Latina ha giocato un’ottima prima frazione, ha avuto diverse occasioni da rete, gli è mancato il cinismo e la concretezza necessarie a sfruttare quanto costruito. Al di là della superficie, bisogna però chiedersi come il Latina abbia costruito questo suo predominio. Lo ha fatto a scapito delle risorse fisiche di Riccardi e, in particolare, di Di Livio che con l’aumentare del minutaggio hanno per forza di cose dovuto cedere alla stanchezza e alla conseguente mancanza di lucidità.
Il Latina si è infatti disposto con il collaudato 3-5-2 ma non ha giocato secondo i dettami consueti previsti dal modulo. Questo perché, è la mia opinione, oltre al venire meno del contributo di Crecco, Biagi (le cui caratteristiche sono soprattutto quelle di un incontrista) si è abbassato troppo a ridosso della difesa costringendo Di Livio ad accentrarsi e, conseguentemente, Paganini che già aveva i suoi problemi a controllare Curcio, s’è ritrovato a rinunciare alla spinta per sacrificarsi a difendere una gran porzione di campo, fino a scalare all’altezza della linea arretrata. Tant’è che la rete del pareggio è scaturita anche, ma non solo, dal fatto che Paganini nell’occasione si è proiettato in avanti, lasciando scoperto il lato destro laddove De Santis, scalando al centro, ha dovuto decidere se chiudere su Casoli (cosa che ha fatto) o intercettare l’arrembante Curcio, che s’è trovato libero di battere a rete. Si dirà che anche Amadio giocava da mediano incontrista, ma (sbaglierò) rispetto a Biagi riusciva, una volta conquistata la palla, a ribaltare l’azione avendo Di Livio sempre a portata di passaggio, meno accentrato di quanto lo sia stato conto i campani
Cosa allora mi è piaciuto del Latina visto contro la Casertana? Ho apprezzato la sua voglia di vincere anche nel momento in cui era chiaro che l’avversario era ben messo in campo, fisicamente predominava e aveva più energie da spendere. Ciò nonostante Di Donato ha rischiato, ha cercato il colpo (e quasi lo trovava con Paganini), ha schierato i suoi con un 4-2-4 di difficile gestione, spremendo l’ultima stilla di energia a Di Livio e Riccardi. Semmai in un frangente in cui l’avversario chiude gli spazi (la Casertana nella ripresa si è messa a 5), va valutato se continuare a utilizzare gli esterni con il piede invertito piuttosto che riportare tutto alla normalità cercando di creare confusione in area con i traversoni dalle fasce.
Di Donato, in conclusione, dalla partita con la Casertana ha ricevuto indicazioni davvero interessanti, che gli torneranno utili per i prossimi impegni.