ESCLUSIVA TL- Berardi:"A Latina spero si possa riaccendere l'entusiamo. Il tifo al Francioni può fare la differenza"
Tra i protagonisti della stagione 2010/11, anno in cui il Latina salì nella vecchia C1, Simone Berardi ha lasciato bei ricordi nel cuore dei tifosi nerazzurri, scendendo in campo con la casacca nerazzurra indosso in 57 occasioni, mettendo a referto anche tre reti. Doppio ex della sfida tra Latina e Potenza, l’ex tra le altre di San Marino e Paganese si racconta in esclusiva ai microfoni di TuttoLatina.com
Il Latina ha esordito con una vittoria. Provare a mantenere sin da subito l’alta classifica per la squadra di Di Donato quanto può essere difficile?
“Se la squadra sarà sostenuta dalla piazza come merita, potrebbe essere più semplice che difficile. Da quando è sfumata l’impresa nel primo anno di serie B ho notato che il pubblico ha perso un po’ di entusiasmo. Speriamo che i tifosi possano riprendere e accompagnare il Latina in questo anno. Il pubblico fa la differenza, specie in casa. Conosco molto bene i tifosi del Latina, che possono fare il dodicesimo uomo”.
Confermare nonostante un'estate complicata Di Donato in panchina può essere un male o un bene per il Latina, che resterà come raramente è successo con la stessa guida tecnica per tre anni di fila.
“Penso che la società voglia dare continuità in una piazza difficile che chi la conosce bene può riuscire partire con una marcia in più. Credo sia stata una scelta ponderata e basata su questo. Ogni anno è difficile inserirsi in una piazza nuova, Di Donato in questo sarà avvantaggiato”.
Qual'è la differenza tra Sanderra e Di Donato, visto che entrambi fin qui hanno fatto bene sulla panchina nerazzurra.
“Conosco bene Sanderra e so le sue grandi qualità comunicative e psicologiche per gestire le dinamiche del gruppo e della piazza. Lui è stato sempre una persona obiettiva, fredda e autocritica, senza mai lasciarsi perdere nei momenti di difficoltà, o esaltarsi nei momenti di entusiasmo. Di Donato non lo conosco ma è un allenatore giovane, che ha fatto bene e che sta facendo esperienza in C, alla sua età, è un grande traguardo. Latina ti può dare tanto, se è rimasto è perché credo sia convinto di fare qualcosa di importante con lavoro e dedizione qui”.
Il Potenza sta vivendo un momento importante, con la nuova proprietà che ha rinforzato negli ultimi due anni la squadra. Dove possono mettere in difficoltà il Latina e che potenzialità ha la piazza?
“Ho vissuto lì per un anno e nonostante abbia vissuto una stagione diversa da quelle a Latina, lì il pubblico ha fatto la differenza. C’è un entusiasmo intorno alla squadra importante, in una città che per diversi motivi vive solo di calcio. La squadra è costruita per far bene, difficile fare pronostici ora, guarda l’Avellino contro il Latina. Comunque vada gli auguro di far bene a entrambe le piazze perchè sono nel mio cuore”.
In nerazzurro hai vissuto un biennio incredibile. Per vincere da outsider come avete fatto voi cosa serve?
“Il mio primo anno a Latina è stato fantastico, fu un anno in cui partivamo inizialmente per salvarci, provando a fare bene. Fu costruito un gruppo ben assortito, con giocatori importanti e ragazzi giovani di qualità. Con molti di quella squadra mi ci sento ancora, perché quando raggiungi insieme obiettivi importanti come la vittoria del campionato, i compagni di squadra li reputi come fratelli. Abbiamo respirato quel sogno giornata dopo giornata, perché inizialmente neanche noi ci credevamo. Ci siamo resi conto che eravamo forti, oltre ad avere qualità tecniche avevamo valori morali e questo ha fatto la differenza”.
Quando avete capito che si poteva vincere?
“Per vincere serve anche fortuna, inutile negarlo. La sorte non piove dal cielo, è la squadra a procurarsi l’episodio a favore, quell’anno abbiamo lottato tantissimo, vincendo spesso per 1-0. Eravamo poi molto bravi noi a chiudere le partite, ma ciò che ricordo è che c’era voglia da parte di tutti, società compresa, di strappare questo risultato importante”.
Di quel gruppo con chi hai legato di più?
“Io ho diversi ex compagni con cui mi sento tutt’ora: Martinuzzi, Tortolano, Jefferson, Mariniello, mister Sanderra, ce ne sono altri. Ci sentiamo perché abbiamo un nostro gruppo dove ci scriviamo. L’affetto che c’è tra di noi ci permette di avere un rapporto di amicizia bello. Ho ottimi rapporti anche con gli altri perché c’è stato sempre un ottimo rapporto”.
Ora ti dedichi alla scuola calcio, com’è nata questa occasione?
“Prima di smettere di giocare avevo già avviato una società sportiva che gestiva mio padre. Quando ho smesso mi sono gettato al massimo in questa attività, per cercare di ridare al calcio ciò che lui ha dato a me. Per me questa è una missione: trasmettere ciò che ho vissuto io ai miei bambini e ragazzi. Sono più di vent’anni che ho questa attività, sono un tecnico formatore AIC, nel dipartimento Junior di cui responsabile è Simone Perrotta. Cerchiamo di trasmettere agli allenatori con cui ci interfacciamo i valori dello sport. Credo che nelle attività giovanili bisognerebbe mettere al centro questi valori. Emergere come calciatori è difficile, come persone invece possiamo aiutare questi ragazzi ad essere persone migliori”.